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Introduzione


Al sovrano aragonese appariva quindi inutile rimandare le delibere della Sommaria, per la sanzione finale, a un consesso ordinato, e mantenuto, a titolo puramente onorifico.

L’esame delle osservazioni del Moles potrebbe bastare a stabilire le origini e i diritti della Sommaria, ma vedremo che altro è stato sostenuto in proposito, per liberarci definitivamente dal condizionamento secolare, per cui la Camera della Sommaria sarebbe stata creata dagli Aragonesi.

Il discorso del Moles rivela un funzionario ligio al dovere, desideroso di svolgere il suo lavoro nella piena consapevolezza delle sue mansioni, tanto da ricercare e raccogliere dati ed elementi storici che potessero sovvenirlo nel quotidiano adempimento delle sue funzioni. Per questo indaga sull’origine del suo ufficio, fin dove è possibile, fino agli Angioini: perché sa che di Chambre des comptes si può cominciare a parlare dai monarchi francesi, capetingi ed eredi, perché consapevole che la documentazione sulla camera patrimoniale della monarchia napoletana è possibile rinvenirla solo a partire dagli Angioini. Per lui furono proprio costoro a dare inizio alla Camera della Sommaria: nell’Archivio della Zecca, come in seguito vorrà ancora affermare Niccolò Toppi, erano conservati solo documenti risalenti ai tempi di Carlo I d’Angiò. Per l’amministrazione finanziaria sotto i monarchi precedenti, come si è già detto, bisognava rifarsi alle costituzioni e istruzioni promulgate sotto i re normanni e raccolte da Federico II nel Liber Augustalis 481.

Il Toppi ha presente il Moles e, nella parte storica, lo segue fino a ripeterlo; curiosus soprattutto di uomini, abbonda tuttavia nella ricerca prosopografica, compiacendosi che a dirigere la Sommaria furono spesso uomini nobili e dotti.

Giuseppe Galasso 492, iniziando a discorrere del libro del Toppi sull’origine di tutti i tribunali, osserva che l’autore apre la sua opera

  1. Tassone, Observationes, alle pp. 192-198, non aggiunge elementi nuovi a quanto osservato dal Moles. Così Surgente, De Neapoli, alle pp. 44-47.
  2. Napoli Spagnola dopo Masaniello, Napoli 1972, pp. 395 sgg.

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