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Introduzione


personis aliis quibuscumque subditis, et fidelibus nostris cuiusvis conditionis gradus, et dignitatis existant, tam praesentibus, quam futuris, quatenus préesentium serie per eos diligenter inspecta, illam eidem Camerae, eiusque officio, officialibus, personis, et ministris eiusdem, prout ad unumquemque ipsorum quovis modo spectaverit, observent, et faciant inviolabiliter et inconcusse ab aliis observari.

VI. Nec contrarium faciant, aut fieri, vel attentali quovis modo sinant, vel permittant, si dictus filius noster nobis oboedire cupit, dictique alii gratiam nostram caram habent, iramque, et indignationem, ac pamam privationis uniuscuiusque officiorum, et ducatorum mille a singulis contrafacientibus, vicibus eorum singulis exigendam, et nostri Fisci commodis applicandam, quam ipso facto incurrere decernimus, cupiunt non subire, in cuius rei testimonium praesentes literas exinde fieri, et magno pendenti Majestatis nostrae sigillo iussimus communiri. Datum in Castro Novo Neap. die 23 Mensis Novembris 14 ind. anno a Nativitate Domini M.CCCC.L. Regnique nostri huius Sicilia^ citra Farum anno decimo sexto, aliorum vero Regnorum XXXVI. Rex Alphonsus. Dominus Rex mandavit mihi Aduardo Fonolleda, et viderunt Nicolaus Antonius Locumtenens Magni Camerarii, et P. Regii Patrimonii Generalis Conservator. Notata per Gilifortem penes Magnum Camer.

Tale il testo. L’analisi diacronica della tradizione storiografica consentirà di individuare il luogo di emergenza di infondate convinzioni, destinate a dilagare con l’incontenibile pervicacia del topos.

2.2. La tradizione storiografica

Angelo di Costanzo, noto tra i suoi contemporanei - un po’ meno tra i nostri 331 - soprattutto per le Rime di stampo petrarchesco, con predilezione spiccata per la conclusione a effetto, specialmente nei sonetti, sempre ingegnosi e ben costruiti, benché molto più giovane, fu legato da rapporti di intimo, affettuoso sodalizio a Iacopo Sannazaro, dal quale fu incoraggiato a comporre l'Istoria del Regno di Napoli. Si sottrasse a lungo alle sollecitazioni, tanto più pressanti in quanto sembrava che il Collenuccio, autore di un’opera analoga, dovesse essere corretto e integrato; e, solo molti anni dopo la morte dell’amico, nella tarda maturità, si dedicò al componimento dell’opera a lungo vagheggiata. Indirizzato da un umanista, ed egli stesso letterato e cultore degli antichi, non poteva concepire la Storia se non come opus oratorium maxime. La sua storiografia fu più intesa alla perfezione formale, all’edificazione morale del lettore, alla narrazione degli avvenimenti, alla rappresentazione dei personaggi, meno attenta alla storia delle istituzioni, al loro svolgersi e mutarsi 34.2 Sull’esempio del Petrarca non potè fare a meno di conferire una patina di amorevole patriottismo alla sua opera, sotto l’impulso, forse, anche dei contrasti suoi e del suo ceto con i dominatori spagnoli 353.

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  1. Per un recente inquadramento del di Costanzo nella storiografia napoletana del Cinque e Seicento: Masi, Dal Collenuccio, pp. 146-161.
  2. Cfr. Croce, A. Di Costanzo.
  3. Cfr. Galasso, Mezzogiorno, p. 188, con i rinvìi a Colapietra, La storiografia.