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Burocrazia e fisco a Napoli tra XV e XVI secolo


1.3 Trasmissione del manoscritto

Il Repertorium pervenne alla Società Napoletana di Storia Patria con il fondo di volumi e manoscritti appartenuti a Bartolomeo Capasso 71. Che questi ne fosse il possessore lo attesta del resto il Volpicella 82.

La storia anteriore del ms. non è delineabile con eguale precisione. Come già riferito, sul margine superiore sinistro di c. 1, si legge:

«Repertorium Alphabeticum Solutionum Fiscalium vel Exemptionum a Solutionibus Fiscalibus Regni Siciliae Cisfraetanae, vulgo Neapolis. Manuscriptum Saec. XV. Sane Servandum. Kalephatus.»

Il Kalephatus che, attribuendo erroneamente il Repertorium al XV secolo, vi appone una nota di possesso, è Alessandro Maria Calefati, vescovo di Oria, vissuto nel XVIII secolo. In alcuni manoscritti della Biblioteca Nazionale di Napoli si ritrovano, scritte dalla stessa mano, altre annotazioni il cui autore dà di sé più precise informazioni. Più esplicita è infatti l’identità dell’estensore di una nota al volume / terremoti delle due Calavrie di Lutio D’Orsi di Belcastro 93, che prima di riportare una lettera speditagli da Oria dal suo Vicario, scrive:

«Monumenti sul terremoto del dì 5 febbraio 1783 accaduto in Calabria Ultra, e Messina ecc. raccolti da Monsignor Alessandro Maria Kalefati, vescovo di Oria.»

Nello stesso volume, sul foglio di risguardo iniziale, è inoltre apposto dalla stessa mano l’ex libris:

«est Bibliothecae Kalephatorum. Alexander Maria Kalephatus»

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  1. Croce, Assemblea, p. 162: «Di recente, la Società, com’è noto, ha acquistato la preziosa collezione di manoscritti di storia patria messa insieme dal Capasso». Sulle spese sostenute negli anni 19001902 per l’acquisto di manoscritti cfr. alla voce Uscita il Rendiconto. Manca tuttavia un elenco dei ms. del Capasso pervenuti alla Società.
  2. BSNSP, Manoscritti Volpicella, «La congiura dei baroni», II, p. 557.
  3. BNN, ms. XI C 78, al verso della carta numerata 74 del fascicolo manoscritto rilegato in calce al volume di Lutio D’Orsi.
  4. 10 10 Altra nota scritta di suo pugno è quella al cosiddetto "manoscritto filosofico" di Francesco d’Andrea: BNN, ms. I D 4, ultimo foglio di guardia finale. Su quest’opera e più in generale sul suo autore cfr. de Giovanni, Filosofia, che riferisce a p. 6, n. 5, della «nota di un tal CALEFATI, in margine al principale manoscritto filosofico di D’ANDREA»; si veda anche Cortese, / ricordi, che riporta alle pp. 25-26 quasi interamente la glossa del Calefati sbagliando tuttavia la collocazione archivistica del ms. Il Calefati si dice figlio di Pietro Antonio Calefati e «Abbas et Acolythus [...] in Almo S. Primatialis Ecclesie Bariensis Seminario»; aggiunge di aver letto, numerato le pagine e preparato un indice del manoscritto del d’Andrea il 19 aprile 1744 per prepararsi agli studi di filosofia che avrebbe cominciato nel novembre successivo. Sappiamo di lui che nel 1777 era «Canonicus S. Primatialis Ecclesiae Bariensis» e «Regius Magister Theologiae Dogmaticae in Regali Neapolitana Academia SS. Salvatoris» (Cfr. BNN, mise. C 150-14). Tappa decisiva della sua carriera fu quella di Vescovo di Oria. Presso la Biblioteca Nazionale di Napoli è disponibile a stampa un Catalogo de’ libri greci, latini raccolti da A.M. Calefati. Numerosi furono i membri della famiglia Calefati, o meglio Kalefati - come prediligevano firmarsi -, che si dedicarono alla carriera ecclesiastica: uno di essi fu prefetto dell’Archivio di Montecassino dal 1843 al 1863; cfr. Abbazia di Montecassino, XI, pp. XIII-LXXII; Ivi a p. XIII, n. 3, si dice: «Della famiglia Kalefati si hanno notizie fin dal secolo XI, quando con Stefano, patrizio di Costantinopoli, si era trasferita nel 1043 da questa città a Messina. Alla fine del ’300 la famiglia, avversaria degli Angioini, passò in Bosnia, donde nella seconda metà del secolo XV, si trasferì definitivamente in Puglia, ascritta alla nobiltà di Monopoli, e fissandosi a Bari dal 1613». Per tale profilo genealogico non viene però fornito alcun riscontro documentario. Ma già sul finire del XV secolo il celebre umanista Andrea Matteo Acquaviva, duca d'Atri, dedicando al conte di S. Marco Michele Kalefati la sua Psalmodia, ne aveva cantato gli antenati greci e le loro gesta contro i Turchi; l’avo di Michele era caduto nella presa di Costantinopoli ed il padre, che aveva combattuto lungamente in Bosnia, era poi perito nella difesa di Otranto dai Turchi (cfr. Gothein, Die Culturentwicklung, pp. 310, 408; la parziale traduzione italiana dell’opera a cura di T. Persico, Firenze, 1915 [il riferimento è alle pp. 28 e 123 sg.], pur se scrupolosa nella verifica delle note al testo, non sempre è affidabile nella resa dell’originale tedesco).

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