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libro quinto 89

suoi soldati che li trucidassero tutti quanti. Dopo di che istituì le proscrizioni, nè le intermise prima di avere distrutti tutti coloro che portavano il nome di Sanniti, o di averli almeno sterminati dall’Italia: ed a chi gli rimproverava quella sì grande severità rispondeva, avere dall’esperienza imparato, che nessun Romano potrebbe mai vivere in pace, finchè vi fossero dei Sanniti che potessero cospirare di nuovo. Le città dei Sanniti pertanto sono ora semplici borghi: ed alcune sono anzi rovinate del tutto, come Bojano, Esernia, Panna, Telesia (contigua a Venafro), ed altre consimili, nessuna delle quali merita di essere annoverata fra le città: se non che noi, guardando alla celebrità ed alla potenza dell’Italia, andiamo indicando fin anco i luoghi mediocri. Benevento poi e Venosa sussistono tuttavia in buono stato.

Rispetto ai Sanniti torre anche questa tradizione, che avendo guerra i Sabini già da gran tempo contro gli Umbrii fecero voto (come usarono alcuni Elleni) di consacrare agli Dei tutto quanto nascerebbe appo loro in quell’anno. Riusciti quindi vittoriosi, parte delle produzioni sacrificarono, parte offersero alle divinità; d’onde nacque nel paese una gran carestia. Allora qualcuno disse che bisognava consacrare agli Dei anche i figliuoli: secondo il quale consiglio dedicarono a Marte tutti i fanciulli nati in quell’anno; e quando costoro furono divenuti uomini, li mandarono fuori a fondare una colonia, dando loro un toro per condottiero. Questo animale fermossi a dormire nel territorio degli Opici, i quali vivevano in borgate: e però quegli