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libro quinto 59

rinale, il quale dava così facil salita a quelli di fuori, che Tito Tazio, quando tolse a vendicare lo scorno delle rapile fanciulle, lo investì e lo prese. Anco Marzio aggiungendo alla città il monte Celio e l’Aventino colla pianura che giace loro nel mezzo (luoghi disgiunti cosi l’uno dall’altro fra loro, come anche dal rimanente della città già fabbricata) ubbidì anch’egli alla necessità. Perocchè non sarebbe stato conveniente laciar fuori delle mura colli di tanta importanza, e dei quali avrebbe potuto un nemico valersi a danno della cità; nè a lui era possibile di condurre la cinta fino al colle Quirinale. Ma Servio conobbe quel difetto, e conpiè il muro aggiungendovi il colle Esquilio ed il Viminale, e perchè anche questi davano facile accesso a cui veniva dal di fuori, perciò scavando una profonda fossa e gettando al di dentro la terra che ne traevano, fornirono un rialto lungo circa sei stadii sul margine interiore di quella fossa e vi piantarono un muro ed alcune torri dalla porta Collina fino all’Esquilina: e verso il mezzo di quel rialto è una terza porta che piglia il suo nome dal colle Viminale. Tale pertanto è la munizone di Roma, la quale poi aveva bisogno d’altri baluardi. E nel vero sembra che gli antichi abitanti di quella città così per sè stessi come pei loro discendenti pensassero che ai Romani era conveniente il procacciarsi e sicurezza e abbondanza non già colle fortificazioni, ma colle armi e col proprio valore; portando opinione che non i miri agli uomini, ma sì gli uomini ai muri debbon esseri baluardi. Da principio pertanto, non appartenendo a Roma il fertile ed ampio territorio ond’è cir-