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libro settimo | 183 |
la volontà degli Dei. Da principio pertanto fu fatto sacerdote di quel Dio che presso i Geti è tenuto in più onore; poscia si fece nominar Dio egli stesso: ed avendo fermata la sua sede in un antro inaccessibile agli altri, quivi passava la sua vita, e rare volte conversava con quei di fuori, ad eccezione del re e delle persone addette al suo servizio: e il re medesimo in questo gli dava aiuto, vedendo che i sudditi gli erano ubbidienti molto più di prima, dacchè s’erano persuasi che i suoi ordini uscissero col consenso della divinità. Questa usanza poi durò fino ai dì nostri, essendosi trovato sempre qualcuno dell’indole di Zamolxi, il quale assisteva al re come consigliere, e dai Geti denominavasi Dio. E considerarono come sacro anche il monte dov’era l’antro predetto, e lo denominaron Cogeone dal fiume che gli scorre vicino: e quando Birebista, contro cui il Divo Cesare aveva già apparecchiata una spedizione, regnava sui Geti, tenea questa carica un certo Diceneo. Per tutto ciò dunque è da credere che la dottrina pitagorica di astenersi dagli animali sia stata introdotta fra i Geti da questo Zamolxi, e che vi abbia poi sempre durato.
Di questa guisa pertanto si possono ottimamente interpretare le parole di Omero intorno ai Misii ed ai celebri Ippemolghi: ma quello che Apollodoro dice nel proemio al libro secondo delle Navi non si potrebbe punto sostenere. Egli loda l’opinione di Eratostene, il quale dice che Omero e gli altri antichi seppero bensì le cose elleniche, ma rispetto a quelle di fuori n’ebbero grande ignoranza, siccome coloro che non conobbero le