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libro settimo 181

frugalità; d’onde poi alcuni per eccesso andarono a cadere nel cinismo. Per lo contrario il poeta non ci dà alcun indizio dell’essere questi popoli stati senza donne, principalmente i Traci, e fra questi poi quelli che si chiamano Geti. Dei quali si vegga ciò che dice Menandro, non già per finzione, ma seguitando com’è verisimile, la storia: «Tutti i Traci, ma sopra tutti noi Geti (perocchè da costoro mi glorio di trarre la mia origine anch’io) non siamo casti gran fatto.» E di lì a poco seguitando pone parecchi esempj d’incontinenza dicendo: «Non v’ha alcuno di noi che non prenda dieci, undici, dodici donne, e qualche volta anche più. E se trovasi qualcuno che muoia senza averne sposate quattro o cinque, costui viene compianto da noi come un uomo che non provò l’imeneo, misero, celibe.» E tutto questo trovasi confermato anche da altri scrittori: nè è verisimile che gli stessi uomini giudichino miserabile la vita passata senza la compagnia di molte donne, ed abbiano poi per cosa invidiabile e giusta il viverne senza. Oltre di ciò lo stimar religiosi e capnobati coloro i quali vivono senza donne è cosa che grandemente contrasta colle opinioni comunemente adottate. Perocchè tutti si accordano a dire che le donne furono prime inventrici della superstizione: esse poi persuadono anche gli uomini ad un maggior culto della dinità, con feste e con supplicazioni: ed appena sarebbe possibile di trovare alcun uomo che vivendo da solo attenda a siffatte pratiche religiose1. Ecco

  1. Queste parole non si trovano nella traduzione francese del Coray, sebbene nella sua edizione greca si legga come nelle altre: σπάνιον δ᾽ εἴ τις ἀνὴρ καθ᾽ αὑτὸν ζῶν εὑρίσκεται τοιοῦτος.