di là dell’Albi, fin dove è contigua a cotesto fiume è occupata dagli Svevi: quindi le si congiunge la terra dei Geti da principio angusta, e distendentesi poi sino all’Istro verso il mezzodì, e verso il settentrione sin al confine della Selva Ercinia, la quale occupa anch’essa una parte di monti, poi si fa piana e si stende verso il settentrione fino ai Tirigeti1: ma non sapremmo indicare i precisi confini di queste genti. E per l’ignoranza appunto di questi luoghi furon creduti degni di fede coloro che inventarono favole intorno a’ monti Rifei ed agl’Iperborei; come avvenne anche di tutte quelle cose che Pitea raccontò de’ paesi situati lungo l’Oceano, fondando le sue finzioni sopra la notizia ch’egli aveva delle cose celesti e matematiche. Si lascino dunque in disparte costoro: nè prestiam fede a Sofocle dove in una sua tragedia favoleggiando di Orizia asserisce che, rapita da Borea «fu portata da quello a traverso di tutto il mare sino alle estremità della terra, alle sorgenti della notte, d’onde si scopre tutta l’ampiezza del cielo e l’antico giardino di Febo.» Perocchè queste cose non fanno al presente nostro proposito; e però vogliam tralasciarle siccome già fece Socrate nel Fedro2. Ciò poi che dall’antica storia e dalla moderna abbiam potuto raccogliere è quello che segue.
- ↑ I Geti occuparono per lungo tempo la sponda settentrionale del Danubio: e quelli di cotal gente che si stendevano sino al Dniester od al Tira prendevano da questo fiume il nome di Tirigeti (G.).
- ↑ Nel dialogo di Platone così intitolato.