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libro sesto | 141 |
una mirabile altezza, e dopo essere per qualche tempo rimasto così sollevato e rigonfio risedersi di nuovo. Ed alcuni i quali Osarono navigare a quella volta, dopo avere veduti parecchi pesci morti agitati dal flutto qua e là, non potendo resistere al caldo eccessivo ed al fetore, fuggirono: ma la nave che più si accostò perdette una parte digli nomini che v’erano dentro, gli altri a stento salvaronsi in Lipari, dove a guisa degli epilettici, qualche volta mostravansi fuori del senno, qualche volta ripigliavano la consueta ragione. Di lì poi a molti giorni si vide un gran fango che sornuotava al mare, ed in più luoghi anche fiamme che uscivano fuori, e fumo e fuligine; ed all’ultimo quel fango s’indurì e si compose in una massa somigliante a pietra molare. Tito Flaminino governatore della Sicilia ne diede contezza al senato, il quale mandò così nell’isoletta (di Iera), come in Lipari a far sagrifizii agli Dei sotterranei e marini.
Del reito il Corografo dice che da Filicusa a Fenicusa vi sono dieci miglia; di quivi a Didima trenta: da Didima all’estremità settentrionale di Lipari ventinove; di quivi fino alla Sicilia diciannove; e dalla Sicilia a Strongilo sedici.
Rimpelto a Pachino stanno Melite (d’onde sono i piccoli cani detti Melitei) e Gaudo1, amendue distanti da quel promontorio ottantotto miglia. Cossura2 invece è