alle bocche, se fossero state poco illustri e da pochi si fosse saputo ch’esse erano molte invece di una sola, potrebbe concedersi che anche Omero l’avesse ignorato; ma se per lo contrario fra tutte le cose dell’Egitto la cosa più conosciuta e più degna di ammirazione e di ricordanza e di storia erano già fin d’allora come sono oggidì il fiume e le inondazioni e le bocche del Nilo, chi mai potrà credere che coloro i quali diedero al poeta contezza del fiume egizio, e del paese, e di Tebe egizia, e del Faro ignorassero poi queste cose, o che conoscendole non ne parlassero, se non forse per essere cose comunemente sapute? Ancor più incredibile poi sarebbe se Omero il quale parlò dell’Etiopia, dei Sidonii, degli Erembi, avesse taciuto dei paesi vicini e conosciuti. Ma s’egli non ne fece menzione, non è questo per certo un indizio della sua ignoranza: perocchè nè eziandio della sua patria fece menzione, nè di molte altre cose; e forse dee dirsi che non giudicò di dover ricordare le cose notissime a genti che ben le sapevano1. Nè con ragione gli rin-
- ↑ Osserva però giustamente il Gossellin che Omero descrisse più minutamente di ogni altra regione la Grecia, sebbene questa fosse per certo la parte del mondo più conosciuta dai Greci. Rispetto poi alla sua patria pare che Strabone, discordando già da Tucidide, non credesse di Omero l’inno ad Apollo che va sotto il nome di lui: perocchè egli in quell’inno si dice apertamente nativo di Chio. In questo proposito gli editori francesi dicono ch’essi non veggono per qual motivo si debba ricusare la testimonianza di Tucidide.