Pagina:Della geografia di Strabone libri XVII volume 2.djvu/73


libro primo 61

Che dell’Icario mare i vasti flutti
Si confondono, . . . . . . . . .1

E v’hanno alcuni eziandio i quali sostengono che due sono i venti principalissimi, Borea e Noto2, e che gli altri ne differiscono solo un cotal poco per una lieve declinazione nel loro corso; perocchè l’Euro viene dal levante estivo, l’Apeliote dal levante d’inverno; il Zefiro dal ponente d’estate, e l’Argeste da quello d’inverno. E dell’essere soltanto due i venti ne recano in testimonio Trasialce3 e lo stesso Omero, il quale unisce l’Argeste con Noto, dicendo dell’Argeste Noto, e il Zefiro con Borea ove dice: Quando Borea e Zefiro spirano dalla Tracia.

Ma Posidonio dice non essere stati mai distribuiti i venti così da nessuno di coloro che ne hanno maggiore sperienza, come a dire Aristotele, Timostene e Bione l’astrologo: giacchè tutti affermano che dal levante estivo soffia il Cecia, e diametralmente opposto ad esso, cioè dal ponente invernale, l’Africo; e l’Euro dall’oriente d’inverno, e dal termine opposto (cioè dal ponente d’estate) l’Argeste; e soggiungono che i due venti intermedii sono il Zefiro e l’Apeliote. In quanto poi al poeta il Zefiro violento essere quel medesimo che da noi chiamasi Argeste; l’Africo dal piacevole mormorio è il nostro Zefiro propriamente detto; e il Noto Argeste è il Leuconoto: perocchè questo è il solo

  1. Il., lib. ii, 144.
  2. Cioè, il vento del nord ed il vento di mezzogiorno.
  3. Strabone lo dice anteriore ad Aristotele (lib. xvii).