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per le naturali sue uscite, e perciò ritorcendosi verso le interne parti ottura i meati della fontana, e fa sì che l’acqua vien meno: ma quando la superficie resta di bel nuovo nuda dell’acqua, l’aria pigliando il suo retto viaggio, sgombra le vene della fontana per modo che essa ne scaturisce copiosamente. Artemidoro poi contraddicendo a questo raziocinio e volendo nel tempo stesso addurre di proprio ingegno un’altra cagione di questo fenomeno, fa menzione anche dell’opinione di Silano istorico, e dice cose al parer mio indegne d’essere riferite, per essere egli e Silano ignoranti di queste materie. Ma Posidonio affermando ch’è falso tutto quanto raccontasi di questa fontana, dice che v’ha nel tempio di Ercole due pozzi, e un altro nella città: che di quelli del tempio il più piccolo si dissecca qualora si continui per alcun tempo a trarne acqua; poi di nuovo si riempie tosto come cessano d’attingere: e il maggiore invece dà acqua per tutto il giorno quant’esso è lungo, poi diminuendosi per quel continuo attingere, siccome accade di tutti i pozzi, torna ad empirsi durante la notte; e perchè spesse volte questo riempimento s’incontra nelle ore del riflusso, viene comunemente creduto dagli abitanti ch’esso cresca e decresca con un ordine contrario a quello del mare. Che poi il fatto in sè medesimo fosse colà creduto l’attesta Posidonio stesso, e noi lo abbiamo trovato riferito fra le cose mirabili. Udimmo poi dire esservi colà altri pozzi; alcuni fuori della città pei giardini, altri al di dentro; ma che nondimeno per la malvagità di quelle vene usano frequenti cisterne nelle quali raccolgono altr’acqua. Se poi anche qualcuno di