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l’Iliade, dai fatti reali alla poesia, componendone un favoloso racconto secondochè hanno in costume i poeti. Perocchè non solamente ne danno indizio i luoghi d’Italia e di Sicilia ed alcuni altri, menzionati in quel poema; ma anche nell’Iberia sogliono ricordarsi una città detta Ulissea, e un tempio di Minerva, e mille altri vestigi degli errori di quell’Eroe, e di altri sopravvissuti alla guerra di Troia, la quale riuscì funesta del pari ai Troiani ed a coloro che ne distrussero la città. E nel vero costoro riportarono una vittoria Cadmea1; giacchè le private loro cose n’andarono in rovina, e quella parte del bottino che toccò a ciascuno di essi fu di piccol momento. Laonde poi ne seguì che si diedero al ladroneggio e i Troiani scampati al pericolo della guerra, ed anche i Greci: quelli per trovarsi caduti nella miseria, questi per la vergogna; pensando ciascuno essere cosa turpe lo star lungamente fuori del proprio paese e ritornarvi poi senza ricchezze. Così trovansi raccontate anche le peregrinazioni di Enea, di Antenore e degli Eneti; e quelle di Diomede, di Menelao, di Ulisse e di altri parecchi. Il Poeta dunque, conoscendo le storie di quelle spedizioni nelle estreme parti d’Iberia, e la ricchezza e le altre buone qualità del paese (di che i Fenici davan contezza) quivi finse la terra dei beati ed il campo Eliso, dove Proteo dice che Menelao dovrà andare:

          Te nell’Elisio campo, ed ai confini

  1. A questo proverbio si danno varie spiegazioni: esso per altro si usava a significare una vittoria dannosa ne’ suoi effetti ai vincitori non meno che ai vinti.