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libro terzo 301

di questa regione e dei luoghi che le sono vicini, sicchè se ne possano conoscere le buone qualità naturali e la fertilità.

Fra questa spiaggia sulla quale il Beti e l’Ana sboccano in mare, e le estreme parti della Maurosia, cacciasi dentro l’Atlantico, e fa lo stretto delle Colonne, per mezzo del quale il mare interno si unisce coll’esteriore. Quivi è Calpe1, monte di quegl’Iberi che si chiamano Bastetani o Bastuli; il quale nella circonferenza non è grande, ma tanto eccelso ed erto che da lontano par che campeggi isolato. Chi esce navigando dal Mediterraneo nel mar esterno ha questo monte alla destra; ed a quaranta stadii da quello è Calpe2, città considerevole e antica, e, già tempo, arsenale degl’Iberi. Alcuni dicono ezandio che la fondò Ercole, e nel numero di costoro è anche Timostene. Il quale afferma che anticamente fu denominata anche Eraclea, e che quivi soglionsi far vedere un gran ricinto, e stazioni di navi. Vien poscia Mellasia dove si fanno salsumi; e poi la

  1. Ora Gibilterra.
  2. Gli Edit. franc. leggono invece Carteja seguitando il Casaubono ed il Bochart. Ma nè il Wesselingio nè il Coray credettero di dover adottare questa variante. Il Gossellin nota che v’ebbero nel luogo di cui parla Strabone, due città, Carteja e Calpe: che le rovine di Carteja sussistono ancora nella baia di Gibilterra, sotto il nome moderno di Rocadillo: che la situazione di queste rovine corrisponde precisamente alla distanza di 40 stadii posta dal nostro Autore fra il monte e la città; sicchè viene ad essere pienamente giustificata la correzione proposta dal Casaubono.