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seconda la quale incontanente declini dalle montagne fin sopra Tapsaco; e finalmente una terza tanto estesa che da Tapsaco arrivi declinando fino all’Egitto: se all’ultimo si assumesse la lunghezza di queste due linee prese insieme come misura della lunghezza di questa porzione della Terra abitata, sarebbe lo stesso come misurare colla diagonale la lunghezza di uno di quei parallelogrammi particolari che abbiamo accennati poc’anzi1. Qualora poi questa linea non fosse diagonale, ma rotta, tanto più errerebbe chi se ne valesse al fine predetto; e rotta appunto è la linea condotta delle Porte caspie per Tapsaco insino al Nilo.

Questo è ciò che può dirsi contro Eratostene. Contro Ipparco poi può dirsi anche questo, che, dopo avere esposta la censura delle cose dette da Eratostene, avrebbe dovuto proporre anche qualche rettificazione degli

  1. Tutto questo passaggio è oscurissimo. Noi crediamo che si riferisca alla maniera con cui Eratostene avea rappresentato la figura e le dimensioni della sua quarta Sezione, ma Strabone ci ha tramandate in questo proposito soltanto alcune nozioni assai imperfette. Tutto ciò che può arguirsi da quello che ha detto e da quello che sta per dire si è: I.° Che l’Arabia era compresa in questa quarta Sezione: II.° Ch’Eratostene aveva misurata la lunghezza di questa medesima Sezione sopra una linea condotta da Tapsaco a Pelusio, od anche fino alla bocca del Nilo a Canopo: III.° Ch’Eratostene stesso avea creduta di sei mila stadii la distanza da Tapsaco a Pelusio: IV.° Che Strabone lo censurava per avere assegnata come misura della lunghezza di quella Sezione una linea, la quale non poteva per nessun modo considerarsi come quasi parallela a quella su cui avea misurata la lunghezza della Terra abitata. (Ed. franc.)