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libro secondo | 181 |
Tutto ciò dice Ipparco come geometra, ma la sua censura peraltro non può persuadere1. E dopo essersi fatte da sè medesimo queste difficoltà, le scioglie dicendo: «Se l’errore di Eratostene risguardasse piccole distanze, si vorrebbe perdonare; ma cadendo manifestamente sopra migliaia di stadii non è comportabile, massime dicendo egli stesso che qualora la distanza è di quattro mila stadii, le variazioni riescono manifeste, siccome accade fra il parallelo di Atene e quello di Rodi».
Ma queste variazioni evidenti, prodotte dalla differenza delle latitudini2, non sono tutte d’un modo, e perchè ci riescano realmente evidenti hanno d’uopo di una distanza talvolta maggiore, talvolta minore, secondo la natura dei climi; maggiore quando noi per giudicare della latitudine dobbiamo prestar fede all’occhio, alle produzioni del suolo, alla temperatura dell’aria; minore quando possiamo valerci di stromenti gnomonici o diottrici. Certo chi traccerà col sussidio del gnomone il parallelo di Atene o quello di Rodi e della Caria, probabilmente potrà sentire la differenza che nasce da una distanza di quattro cento stadii: ma quando un geografo per segnare in una larghezza di tre mila stadii una linea dall’occidente al levante equi-
- ↑ Il testo, che nella lezione ordinaria non presenta alcun senso probabile, è stato corretto dagli Editori francesi e dal Coray: Πάνἲτα δὲ ταῦτα λέγει γεωμετρικῶς ἐλέγχων, οὐ πιθανῶς.
- ↑ Tutto questo paragrafo parve anche al Casaubono guasto e difficile a intendersi. Anche qui la lezione adottata dal Coray va pienamente d’accordo colla versione francese.