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libro secondo 163

che da Babilonia a que’ monti, tenendo dietro al meridiano di quella città, se ne contino più di sei mila. Nè Eratostene dice che da Tapsaco ai monti armeni v’abbia due mila e cento stadii, ma bensì che vi resta tuttora qualche spazio non misurato: e però l’argomento di cui Ipparco poscia si vale, essendo dedotto da una supposizione non conceduta, non può provar nulla. Aggiungasi inoltre che Eratostene non dice in nessuna parte dell’opera sua che Tapsaco sia più settentrionale di Babilonia lo spazio di quattro mila e cinquecento stadii.

Dopo di ciò Ipparco, difendendo sempre le carte antiche, non reca in mezzo le cose dette da Eratostene intorno alla terza sezione della terra abitata, ma gli attribuisce di proprio senno un’opinione agevole a confutarsi. Perocchè Eratostene, conformemente all’asserzione già da noi ricordata intorno al Tauro ed al mare che sbocca dalle Colonne d’Ercole, divide con una sola linea la Terra abitata in due parti, chiamandone una settentrionale e l’altra meridionale; poi tenta di dividere nuovamente ciascuna di queste parti in quelle porzioni che può, e le chiama Sezioni1. Dicendo poi che della parte meridionale la prima sezione è l’India, e la seconda l’Ariana, le quali si possono amendue circoscrivere facilmente, potè non solo determinarne la lunghezza e la larghezza, ma descriverne anche quasi geometricamente la figura2. L’India, al parer suo

  1. Il testo dice Εφραγίδας, che il Buonacciuoli traduce Sigilli.
  2. Quasi geometricamente. Così traducono gli Editori francesi leggendo ὡς ἂν γεωμετρικους. Il testo dice peraltro ὡς ἂν γεο-