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libro primo | 89 |
E così anche Menelao, il quale dice a Telemaco:
. . . . . . . . . . . . Di quanto
La mia reggia contien ciò darti io voglio
Che più mi sembra prezioso e raro:
Grande urna effigïata, argento tutta,
Dei labbri in fuor, sovra cui l’oro splenda,
Di Vulcano fattura. Io dall’egregio
Fedimo, re di Sidone, un dì l’ebbi
Quando il palagio suo me che di Troia
Venia raccolse1.
Dove quell’espressione fattura di Vulcano è da intendersi usata iperbolicamente, come si dicono lavori di Minerva o delle Grazie o delle Muse le cose belle. Che i Sidonii poi fossero egregj artefici lo fa manifesto anche lodando il cratere che Euneo diede pel riscatto di Licaone:
. . . . . . . . Un cratere ampio d’argento,
Mezzo a rilievi, contenea sei metri,
Nè al mondo si vedea vaso più bello.
Era d’industri artefici Sidonii
Ammirando lavoro, e per l’azzurre
Onde ai porti di Lenno trasportato
L’avean fenicii mercatanti2 . . .
Degli Erembi poi molte cose furono dette: ma i più credibili sono coloro i quali tengono che sotto questo nome s’intendano gli Arabi; e il nostro Zenone vorrebbe anzi leggere: Visitai gli Etiopi, i Sidonii e gli Arabi;