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molte schianze„, e che la Commedia fu scritta con poco giudizio? E, letto l’Ercolano, non doveva premere al Muzio di ribattere quella parte del dialogo del Varchi che riguardava la sua persona, piú che confutare il giudizio che vedeva fatto di Dante?

Chi sia dunque questo Castravilla, nonostante le varie supposizioni che si son fatte, non sappiamo sicuramente. Le dichiarazioni che nel Discorso troviamo circa il volgare, e lo stile barbaro e pieno di latinismi di quella scrittura parrebbe ci autorizzasse ad affermare essere opera di un erudito cultore delle lingue classiche, e potremmo anche opinare che ei vivesse in Ferrara o in una città vicina, se veramente dovessimo credere che egli fosse richiesto di leggere la risposta del Castelvetro al Varchi nel breve tempo che essa stette in mano di Giambatista Pigna, segretario del duca Alfonso II, a cui Giammaria Castelvetro intendeva dedicarla1. Ma il Borghini fa saperci, essersi bucinato in Firenze, che aveva avuto buona parte nel Discorso un fiorentino, di cui non dice il nome, ma che afferma esser poco intendente delle cose di logica e di poetica2. Da una lettera del Bulgarini a Leonardo Salviati deducesi che anche a questo valente grammatico s’attribuí il Discorso. Né pare a torto, ché, sebbene il Salviati fu tra i difensori di Dante contro il Castravilla, trovo affermato in una copia del Discorso scritta di mano di Baccio Valori, che egli lo aveva



  1. Zeno, Note alla Biblioteca del Fontanini, ediz. cit., p. 342.
  2. Prose fiorentine, IV, IV, 281.