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— 9 — ammirabili parvero il soggetto, i fini e l’arte del poema sacro. III. Ma quando sventra nel campo de’confronti, di necessità s’inciampai in ostacoli. Fra gli ammiratori di Dante e gli ammiratori del Petrarca fu nel cinquecento, per testimonianza del Vellutello, la medesima disputa che tra i Platonici e gli Aristotelici era sempre stata {^); ed è difficile determinare a chi restasse la palma della vittoria. Se giusto criterio per determinare la stima che si faceva dell’uno e dell’altro, fosse il numero delle edizioni che ebbero le loro opere principali, certo al Petrarca spetterebbe il’vanto di essere stato nel cinquecento considerato maggior poeta che Dante. Ma poiché la disputa è tra uomini di lettere e singolarmente tra grammatici, non importa sapere se per la natura della poesia petrarchesca e per la gentilezza del secolo si faceva pei crocchi eleganti delle corti di Urbino, di Ferrara e di Mantova più spaccio di Canzioneri che di Commedie, e i poeti d’amore che diluviarono per l’apparente facilità di far sonetti e per il mecenatismo prevalente, studiavano il Petrarca a preferenza di Dante: devesi raccogliere dagli scrìtti cinquecentini di lingua, di grammatica, di poetica le testimonianze della stima (*) Vita di Dante premessa alla sua esposizione della D. C. (Venezia, Marcolini, 1544 )•