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del vizio è appunto l’incominciamento di sua rovina, e che la persecuzione, se mette alla prova la virtù, ne aumenta anche il merito, ne pone in luce la prevalenza.


Morendo Erode il Grande, quegli stesso che ordinata aveva l’orrenda strage degli innocenti, il regno suo in quattro parti, ossia in quattro tetrarcati, era stato diviso, de’ quali uno tenne certo Lisania, altri ebbero i tre figli di Erode, Archelao, Antipa e Filippo1.

Erode Antipa, cui veniva assegnato il tetrarcato di Galilea, ereditò più che tutti la nequizia e la crudeltà del padre. Recandosi a Roma, forse allo scopo di ottener dall’imperatore Tiberio, l’approvazione del rispettivo principato e il titolo regale, alloggiò di passaggio in casa di un quarto fratello, il quale menava vita privata e teneva in moglie la bella Erudrade, figliuola dell’altro fratello Aristobolo, stato miseramente ucciso dal padre. Erode Antipa se ne invaghì perdutamente, e tuttochè fosse conjugato colla figlia di Areta re dell’Arabia, iniquamente abusando della cortese ospitalità, sedusse la nipote, moglie del fratello, ad abbandonare il marito e farsi sua. Non rifiutò costei il nefando progetto, promise anzi di assecondarlo, allora solo però che Antipa sbarazzato si fosse della consorte che già teneva2.

  1. Butler. Vite de’ Santi d’Agosto. Venezia 1824.
  2. Butler citato — Calmet, Storia dell’Antico Testamento e del Nuovo. Venezia 1822.