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Dal giorno in cui l’uomo pensò di sublimarsi infino a Dio, ma non per le vie indicate dal Supremo Fattore, che a quel fine appunto il creava, bensì piuttosto sottraendosi alle leggi da Lui stabilite, e collocandosi arrogantemente a paro di Lui; dal giorno in cui la golosità di un frutto vietato persuase all’uomo che, appunto perchè vietato, contener dovesse più grato sapore e virtù di rendere grande, felice, eguale a Dio chi ne gustasse; dal giorno in cui l’uomo credette di poter mettere a confronto gli ammonimenti del suo Signore colle insinuazioni di un rettile della terra, e giudicò poter far senza, anzi contro di Colui che dal nulla il traeva, e nell’accontentamento di un materiale appetito stimò conseguire un perfezionamento morale; da quel giorno fatalissimo, l’uomo quanto più a sè