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Nella anniversaria ricorrenza del suo natalizio Erode, giusta il costume regale, avea raccolti a lauto banchetto i principi, i tribuni, i magnati tutti della sua Corte. Or quando la moltiplicità dei cibi e delle bevande e l’allegria del convito poteva aver reso gli astanti meno ricordevoli di loro dignità, Erodiade entrar fece a danzare Salome, la figlia avuta dal legittimo connubio con Filippo. E l’esimia avvenente saltatrice diede cotale sperimento di sua grazia ed abilità, che Erode, a superar da par suo gli applausi e le lodi degli altri spettatori, inconsideratamente giurò: qualunque cosa cercasse allora Salome concessa l’avrebbe, fosse pure la metà del regno. E la giovinetta sorpresa dalla generosità dell’offerta, con naturalissimo slancio corse alla madre per prender parola di quel che meglio sarebbe a dimandarsi. Cerca la testa di Giovanni Battista, suggerì l’iniqua genitrice, lottando forse colla gentilezza d’animo propria d’una ragazza. Alla quale Erodiade avrà soggiunto: «Fintanto che Erode seco ci tiene, non di metà, bensì di tutto il regno godiamo, ma, fintantochè vive l’uom del deserto, di tanta prosperità possiamo essere da un istante all’altro private. Figlia, fa a modo mio, cerca la testa di Giovanni Battista». E senza più Salome è innanzi al Re, e festosa gli dice: Voglio che su d’un piatto mi venga incontanente portata la testa di Giovanni Battista. L’animo del re contristato rimane alla bizzarra, crudele, inaspettata dimanda. Dar morte ad uomo