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particolarmente, di provvedere a quelle fra le due strade aretine, ed a quelle fra le strade pisana e livornese con la via pistoiese, com’è manifesto dall’esame di tutti i Documenti raccolti nella citata filza di Rescritti e affari a parte del 1835. Lo stesso atto di concessione dice che i ponti si dovevano costruire “nei luoghi o presso i luoghi nei quali ora esistono le due barche traiettizie” e aggiunge che, tolte tali barche, non ne dovevano essere stabilite altre sul fiume, neppure in luoghi prossimi, per la distanza di tre miglia. In altre parole: i ponti sospesi dovevano sostituire le barche traiettizie, che i Comuni suburbani o mantenevano o concedevano in esercizio a privati, e le comunicazioni fra le strade comunali e regie del perimetro suburbano dovevano essere modificate e migliorate.

L’esecuzione di tale progetto non riuscì sempre facile e suscitò anzi controversie delle quali troviamo ancora il ricordo parecchi anni dopo. Così nel 1845, continuando la esecuzione del piano di sistemazione stradale, nelle Carte dell’Avvocatura Regia (filza 68, segnatura 65), troviamo tutti i provvedimenti “per la costruzione di un nuovo tratto di strada dalla via regia livornese per Pisa ed il ponte sospeso sull’Arno alle Cascine dell’Isola”, e vi si discute delle indennità stabilite dai periti pei terreni da occuparsi e del concorso della società anonima per i ponti di ferro negli oneri dell’espropriazione, pel caso che avessero superata una data somma1.

Così nel 1848 la famiglia Scoti promuoveva azione contro la Camera di Soprintendenza comunitatira di Firenze per risarcimento di danni in occasione dell’espropriazione per la sistemazione stradale, e l’Avvocatura Regia opinava che vi fosse obbligata soltanto la Società costituita dai Fratelli Seguin. Dopo un preambolo dottrinale sul modo

  1. Ivi, carte 213, tergo, 220 e seg. e, particolarmente, 222.