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sa di necessità ne fia ancora alcuna perfetta; perciocchè, tolta via la perfezione, non si può nè immaginare ancora onde stato quello e venuto sia, che essere imperfetto si dice: però che la natura non piglia cominciamento dalle cose sceme e non compiute, ma, procedendo dalle intere e perfette, sdrucciola quaggiù in queste ultime, e vôte d’ogni buon frutto. Ora, se egli, come poco fa dimostrammo, si ritrova una certa imperfetta felicità di bene frale, che se ne ritrovi ancora una salda e perfetta dubitare non si può. E io: Gagliardissima è stata questa conchiusione e verissima, le risposi. Ma dove abiti, continovò ella, considera in questa maniera. Dio principe di tutte le cose essere buono, prova una certa immaginazione e concetto comune di tutti gli animi, che tale lo comprendono e credono; perciocchè, non si potendo immaginare cosa alcuna migliore di Dio, chi può dubitare che quello, del quale nulla è migliore, non sia buono? Anzi in tal modo mostra la ragione Dio essere buono, che egli è necessario confessare che in lui sia ancora il perfetto bene: perciocchè, se egli non fosse cotale, essere principe di tutte le cose non potrebbe, perchè si troverebbe alcuna cosa, la quale gli soprastarebbe; e questa sarebbe quella che possedesse il bene perfetto, e così parrebbe che fosse prima e più antica di lui: perciocchè chiara cosa è che tutte le cose perfette sono prima, che le meno intere e perfette non sono. Onde bisogna confessare, perchè altramente si procederebbe in infinito, che il sommo Dio sia del sommo bene e perfetto pienissimo: ma noi abbiamo determinato che il