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a primavera non sono? E se noi, come disse Aristotile, avessimo gli occhi cervieri sì, che il lor vedere penetrasse le cose opposte, e che ne tolgono la vista, non credi tu che quel corpo d’Alcibiade, il quale di sopra e nella superficie ci pare sì bello, non credi tu, dico, che vedutolo dentro, ci paresse bruttissimo? Adunque che tu pai bello non la tua natura il fa, ma la debolezza degli occhi di chi ti guarda; ma stimate pure troppo più che voi non volete i beni del corpo, solo che sappiate questo: quello, qualunque sia, che voi con tanta meraviglia guardate, potersi per un caldicciuolo d’una febbre terzana dissolversi. Delle quali tutte cose si può ridurre in somma che queste, le quali non possono nè attendere quei beni che promettono, nè sono perfette per lo non avere in sè il ragunamento di tutti i beni, elleno nè menano alla beatitudine, come alcuni quasi sentieri, nè fanno esser beati.


le ottave rime.


Oimè lasso, in quanti errori e quali
     Il non saper n’adduce
     3Gli egri del tutto e miseri mortali!
Chi l’oro brama, non tra verdi foglie
     Di folti boschi il cerca,
     6Nè di vite giammai gemma si coglie.
Chi vuol d’alteri pesci ornar la mensa,
     Non mai per gli alti monti
     9Tender le reti o i lacci asconder pensa.
A chi fere seguire cacciando piace,
     Mai non guarda se l’onde
     12Del gran Tirreno abbiano o guerra o pace;