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era lungamente potentissimo stato; e non è dubbio che amendue vollero rinunziare la potenza loro: e Seneca di più le ricchezze, che egli aveva grandissime, tentò di dare a Nerone, e ritirarsi in una vita solitaria per potersi riposare: ma nè l'uno nè l'altro, mentre che la grandezza loro, che dovevano mal capitare, per forza tira, fece quello che fare avrebbe voluto. Qual dunque potenza è questa, della quale chi l'ha teme, la quale chi vuole avere non è sicuro, e chi vuole lasciarla non può? Dobbiam noi forse credere o possiamo sperare che gli amici la ci difendano, i quali non la virtù ci aggiugne, ma la fortuna? Or non sai tu che colui, cui la ventura fece amico, farà la disavventura nemico? E qual peste si può trovare più efficace a nuocere, che un famigliare che ti sia nemico?
LE QUINTE RIME.
Chi vuol veracemente
Esser possente, vinca e domi pria
La sua sfrenata mente;
Nè per ardente indegna voglia ria
5Sommetta il collo ad empio giogo e vile:
Perchè, sebben dal mar Indico a Tile
Sian temute tue leggi, e tu non possa
Scacciar da te le nere
Cure, e dar bando alle meste querele,
10Questa non è nè dee chiamarsi possa.
PROSA SESTA.
Ora venendo alla gloria, oh quanto è ella fallace! quanto ancora molte volte vergognosa! Onde non a torto gridò quel tragico: