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se le dignità non possono far gli uomini degni di riverenza, se di loro natura per la corruzione de' cattivi divengono laide e sozze, se per mutamento di tempo lasciano d'essere chiare e onorate, se per la stimazione delle genti inviliscono, che bellezza non dico possono elleno dare ad altrui, ma hanno in sè, che si debba desiderare?


LE QUARTE RIME.

Sebben superbo di porpora e d'ostro
     Giva e di gemme ornato,
     Era però da tutto il mondo odiato
     Neron crudel, d'ogni lussuria mostro.
     5E pur malvagio a sì buon senatori
     Dava già sozzi imperi.
     Chi dunque penserà felici e veri
     Quei, che ne danno i rei, non degni onori?


PROSA QUINTA.

Or forse crederemo noi che li reami e la familiarità dei re possano fare alcuno possente? Perchè no, dirai tu, poichè la felicità loro dura perpetuamente? anzi tutta l'antichità è piena d'esempii, piena è ancora la presente età di quei re che, di felici, sono miserissimi divenuti. Oh bella potenza, la quale, non che altri, a conservare sè medesima non è bastevole! e, se questa potenza de' regni è quella che ne fa la beatitudine, non è egli necessario che ella, mancando d'alcuna parte, menomi la felicità e n'apporti miseria? Ora, avvengachè gli imperi mondani largamente si distendano, è nondimeno di necessità che molte nazioni si lascino, alle quali niuno delli re signoreggi;