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bene che egli sopra tutti gli altri appetisce. E noi abbiamo pur testè diffinito che la beatitudine non è altro che il sommo bene. Laonde quello stato giudica esser beato ciascuno, cui egli più degli altri desidera: e così hai quasi posta dinanzi agli occhi tutta la forma o vogliam dir modello della felicità umana. E ciò sono ricchezza, onori, potenza, gloria, piaceri, li quali soli considerando l'Epicuro, e veggendo come tutte l'altre cose pare che n'arrechino diletto all'animo, fermò in sè medesimo conseguentemente e determinò che il sommo bene fosse il piacere. Ma io ritorno a' desiderii degli uomini, l'animo de' quali, tuttochè con memoria oscura e piena di nebbia, ricerca nondimeno il sommo bene sempre; ma, come gli ebbri fanno, non sa per qual via a casa si torni. Ma tu potresti dimandarmi: pàrti egli che coloro errino, i quali di non aver bisogno di cosa alcuna si sforzano? conciosiachè null'altra cosa può tanto ben compiere e far perfetta la beatitudine, quanto uno stato copioso di tutti i beni, e che, non avendo bisogno dell'altrui, sia per sè stesso sufficiente e bastevole a sè medesimo: párti che fallano coloro i quali quello che è la miglior cosa di tutte l'altre, giudicano ancora che si debba più che tutte l'altre e onorare e riverire? affè no; perciocchè quello che quasi tutti i mortali intendono e faticano di conseguire, non è credibile che sia cosa alcuna vile e da doversi dispregiare. Or non è da dovere essere contata tra' beni la possanza? qual dunque cosa debbe per tale mettersi? dobbiam noi pensare che quella, la quale manifestamente è più degna di tutte l'altre, sia cosa debile e senza forze? Dirai tu