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tanto pianto ti lamenti, e con tanta angoscia, che alcuna cosa manchi alla tua felicità; perciocchè chi è colui, il quale sia tanto compiutamente beato, che egli colla qualità del suo stato in alcuna parte non contenda? Sappi che la condizione de' beni umani è cosa angosciosa e di tal maniera, che ella o non vien mai tutta, o non dura mai perpetua. Questi ha grandi entrate; ma si vergogna d'essere ignobile. Quegli è chiaro mediante la sua nobiltà; ma tanto povero, che più tosto vorrebbe vivere sconosciuto. Alcuno abbonda e di nobiltà e di ricchezze; ma piagne per lo essere privato di moglie. Un altro, contentandosi della sua donna, s'attrista, non avendo figliuoli, di nutrire e accrescere le sue facoltà ad eredi strani. Trovasi ancora chi, avendo con allegrezza avuto o figliuoli o figliuole, lagrima poi per alcuno loro misfatto dolorosamente. Laonde niuno si ritrova, il quale colla condizione della sua fortuna agevolmente si concordi; conciosiachè ciascheduno ha in sè alcuna cosa, la quale non sa d'avere infino che egli non la pruova; e, quando l'ha provata, ne teme. Aggiugni a queste cose, che tutti coloro che sono felici, sono ancora sensitivi; e, se tutte le cose non riescono loro come desiderano a punto, non essendo essi usati d'avere alcuna avversità, per qualunque menomissimo caso s'atterrano; tanto sono picciole quelle cose, le quali fanno che ancora coloro, i quali sono avventurosissimi, non siano beati del tutto. Quanti pensi tu che siano quegli, ai quali parrebbe di toccare il cielo col dito, se una minima parte dei rimasugli e avanzaticci della tua fortuna toc-