Pagina:Della consolazione della filosofia.djvu/28

28

rispose ella, come tu di’; perchè anche dianzi cantasti nelle tue rime il medesimo, e ti rammaricasti che gli uomini solamente fossero privati e senza parte alcuna della cura di Dio, e nell’altre cose non ti dolesti di ciò; e per certo io non posso non maravigliarmi grandissimamente come, avendo tu così salutevole opinione, ti ritruovi malato: ma cerchiamo un poco più addentro e con maggiore diligenza, perchè m’avviso ti debba mancare un non so che. Ma dimmi: poichè tu non dubiti che il mondo sia retto da Dio, conosci tu con che timoni e governamenti egli lo regga? A pena intendo io, risposi, quello che tu voglia dire, non che possa rispondere a quanto dimandi. Ve’ che non m’ingannava, rispose ella, avvisando che ti mancasse alcuna cosa, per la quale, non altramente che per lo fesso o apertura d’alcun legno d’uno steccato, ti sia nascosamente entrato nell’anima la malattía delle perturbazioni della mente. Ma dimmi un poco: ricorditi tu qual sia il fine delle cose, e dove intenda tutto l’intendimento della natura? Io l’udii già, dissi; ma la malinconia m’ha ingrossata la memoria, e fatto quasi balordo. Per certo, disse ella, tu sai pure onde siano procedute tutte le cose. Sollo, dissi, e risposi che procedevano da Dio. E come può essere, disse ella, che, sapendo tu il principio delle cose, non sappi ancora qual sia il fine? ma questo è il costume delle perturbazioni, le quali possono bene colle forze loro muovere un uomo, ma sbarbarlo affatto e diradicarlo non possono. Ma io vorrei che tu mi rispondessi anco a questo, se tu ti ricordi d’essere uomo.