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     Frode, spergiuri e inganni:
     50Ma quando fosca torna di serena,
     Quei, che regi innalzò falsi e protervi,
     Metter s’allegra in basso e fargli servi.
O, qualunque tu sii, Signor gentile,
     Ch’allenti e strigni delle cose il freno,
     55Volgi alla terra omai gli occhi pietoso:
     Noi, che d’opra sì grande la più vile
     Parte non siamo, in questo largo e pieno
     Di fortuna crudel mar tempestoso
     N’andiam fuor di riposo,
     60Senza toccar mai fondo o veder sponde,
     Notte e dì preda alle procelle e scherno.
     Frena, Rettor superno,
     Deh frena omai così terribil’onde,
     E quella che nel ciel sì giusta regge,
     65Anco il mondo governi eterna legge.


PROSA QUINTA.

Poscia che io con dolore continovo ebbi più tosto abbajato che detto queste cose, ella con piacevole viso, e niente per li miei lamenti alteratasi, disse: Quando io ti vidi così mesto, e pieno di lagrime, m’accorsi incontanente che tu eri afflitto e sbandito; ma quanto fosse questo tuo esiglio lontano non sapeva io già, se le tue parole manifestato non l’avessero. Ma tu, avvengadiochè sii lontano dalla patria, non per tanto ne sei stato scacciato, ma ti sei smarrito da te; e, se pur vuoi che si creda te esserne stato scacciato, tu stesso te n’hai scacciato, perciocchè altri che tu non avrebbe di te potuto ciò fare. Conciosiacosachè, se ti vorrai ricordare di qual patria tu sii nato, conosce-