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E Venere, che là verso la sera
     15Nelle brune contrade d’Occidente
     Chiara e gelata sopra Ibero appare,
     Muta l’usato corso, e quel, dove era,
     Loco lasciato, bianca in Orïente
     Dïana suolsi innanzi al sol mostrare:
     20Tu, quando usa sfrondare
     La bruma i boschi al più stridente algore,
     Tarde le notti e i dì veloci fai;
     Poi, quando i caldi rai
     Fendon la terra, i dì lunghi, ma l’ore
     25Della notte brevissime sen vanno:
     Varia la tua virtute, e tempra l’anno.
Onde, quanto il soffiar di Borea toglie,
     Tanto Zefiro poi benigno rende;
     E quelle che, girando Arturo in cima,
     30Vide semenze senza fiori e foglie,
     L’ardente sol lïon biade alte incende:
     Nulla sua legge antica, chi ben stima,
     Lascia, nè l’opra prima;
     Tutto con certo fin governi e reggi;
     35Sol la mente dell’uom frenar non vuoi,
     Sol gli atti e i pensier suoi
     Con dovuta misura non correggi.
     Che, se questo non fosse, or donde avria
     Tanto poder fortuna o buona o ria?
40A costei perseguire i miglior piace
     Con quella pena ch’a’ più rei conviensi.
     Quinci è che iniquitate in alto regna,
     E giustizia nel fondo afflitta giace;
     Virtute a vile, in pregio il vizio tiensi;
     45La menzogna si cerca, il ver si sdegna;
     D’ogni vile opra indegna
     Soffrono i giusti per gl’iniqui pena;
     Nè portano ai malvagi o tema o danni