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condo che vorrò io or questa cosa or quell’altra, ella ancora alterni e muti le vicende e volte del conoscere? Certo no; perciocchè lo sguardo divino precorre qualunque futuro, e alla presenza della propria cognizione lo ritorce e richiama: nè muta, come stimi tu, le vicende del conoscere or questa cosa or quella; ma in un batter solo le tue mutazioni, stando esso fermo, previene e abbraccia: la qual virtù e potestà di comprendere tutte le cose, e vederle presenti, non dall’avvenimento delle cose future ebbe Dio, ma dalla sua propria semplicità. Onde ancor quello si risolve, che tu poco innanzi ponesti, essere cosa indegna che i futuri nostri si dicano essere cagione della scienza di Dio; perchè questa forza e virtù di sapere, tutte le cose con presenziale conoscimento abbracciando, pone essa il modo e la misura all’altre cose tutte quante: ma non è già ella alle cose di poi obbligata punto. Le quai cose così stando, intera rimane ai mortali la libertà dell’arbitrio; nè le leggi ingiustamente e guiderdoni e pene propongono, essendo da ogni necessità sciolta e libera la volontà. Rimane ancora Dio, il quale sa innanzi tutte le cose, e tutte dal di sopra le risguarda, e l’eternità della visione sua sempre presente colla futura qualità dell’opere nostre concorre, a’ buoni, premii, e ai malvagi, tormenti dispensando. Nè sono in Dio poste indarno le speranze e preghiere di noi mortali; le quali, quando dirette sono, essere inefficaci non possono. Inimicate dunque i vizii, fuggendovi da loro; esercitate e onorate le virtù; innalzate a giuste speranze l’animo; umili preghiere a Dio su in alto por-