ella quello, che è sensibile e singolare, quasi come uno universale considera. Alle quali cose se la ragione dall’altro lato rispondesse, dicendo che ella vede bene e quello che è sensibile e quello che è immaginabile, comprendendo tutte le cose che essi comprendono, con modo però universale, ma che eglino alla cognizione dell’universale aspirare non possono, perciocchè il loro conoscimento più oltre che comprendere le figure corporali trapassare non può; e che, trattandosi della cognizione, a quel giudizio si dee credere più tosto, il quale è più saldo e più perfetto: dunque in questa cotal lite noi, i quali abbiamo la potenza così del discorrere come ancora dello immaginare e del sentire, non terremo più tosto la parte della ragione, dandole il piato vinto? Somigliante a questa è, che la ragione umana non pensa che la divina intelligenza vegga le cose avvenire se non come conosce ella stessa; perchè tu argomenti in cotal maniera: se alcune cose sono, le quali certi e necessarii avvenimenti non abbiano, quelle certamente dover venire sapere innanzi non si può; dunque di cotali cose non è prescienza nessuna; e, se noi pure vogliamo credere che ancora in queste si ritrovi, nessuna cosa sarà, la quale di necessità non avvenga. Se noi dunque, sì come siamo partecipi della ragione, così il giudizio della mente divina potessimo avere, come abbiamo giudicato che il senso e la immaginazione debbano alla ragione cedere così, che la ragione umana alla mente divina s’inchinasse, e sè medesima sottomettesse, giustissima cosa riputeremo. Laonde all’altez-