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l’intenzione dell’operante si chiama caso: come se alcuno, zappando la terra per lavorarla, trovasse un tesoro sotterrato, questo si crede bene che sia avvenuto a caso, ma non è già nato di nulla; perchè ha le sue proprie cagioni, le quali, perciocchè sono concorse e convenute insieme senza che altri le vegga o vi pensi, fanno che si creda ciò essere stato a caso; perchè, se il lavoratore non avesse zappato la terra, e se colui, che la vi pose, non avesse in quel luogo appiattato la moneta, l’oro non vi sarebbe stato trovato. Queste sono dunque le cagioni di quel guadagno fortunevole, il quale da cagioni che s’incontrano l'una nell’altra, e concorrono insieme, e non dallo intendimento di colui, che opera, procede: perciocchè nè colui il quale nascose la pecunia, nè colui che lavorò il campo, ebbe intendimento che quei danari trovare si dovessero; ma s’abbattè insieme e concorse, come io ho detto, che dove colui sotterrò, quell’altro cavò. Laonde possiamo diffinire il caso essere uno avvenimento non pensato, il quale nasce da più cagioni, che s’incontrano insieme in quelle cose le quali ad alcuno effetto si fanno. E che quelle cagioni s’affrontino e accozzino insieme, fa quello ordine il quale, procedendo con inevitabile collegamento e discendendo dal fonte della provvidenza, tulle le cose ne’ debiti luoghi e tempi dispone.


LE PRIME RIME.

Là tra gli scogli dell’Armenia, dove,
     Rivolto l’arco, a chi gli segue danno
     3Fuggendo i Parti ognor ferite nuove,