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di bene. Perciocchè un certo ordine abbraccia e comprende tutte le cose, talchè quello che dalla ragione d’ordine assegnato si diparte, avvengachè in uno altro, nondimeno in ordine sdrucciola e ricorre; conciosiachè nel regno della provvidenza non debbe cosa nessuna potere la temerità, perchè, come quella sentenza greca testimonia, Dio conosce tutte le cose, prevede tutti i secoli, e tutti gli governa; perciocchè non è lecito all’uomo o comprendere collo ingegno o spiegare colle parole tutte le macchine della fabbrica divina. Questo solamente voglio che ci basti d’aver veduto, che Dio producitore di tutte le nature, tutte le cose, a un medesimo bene dirizzandole, ordina e dispone, e, mentre che le cose fatte da lui nella somiglianza di sè ritenere s’ingegna, ciascuno male fuori de’ termini e confini della sua repubblica mediante l’ordine della fatale necessità sbandisce e discaccia. Onde nasce che dei mali, de’ quali si crede che il mondo sia pieno, se si risguarda alla provvidenza, che dispone il tutto, non se ne truovi nessuno in luogo veruno. Ma io veggo che tu già buona pezza, e per lo peso gravato della quistione e stanco per la lunghezza della ragione, aspetti alcuna dolcezza di versi. Piglia dunque questo sorso, dal quale ricreato possa più oltre nelle cose, che seguitano, più gagliardo procedere e camminare.


LE SESTE RIME.

Se del gran Giove il grande impero e l’alto
     Saper conoscer qui vivendo ancora
     Con mente pura industrïoso vuoi,