Pagina:Della consolazione della filosofia.djvu/138

138

giasse, venendo a mancar di movimento, viene ancora a trapassare la necessità del fato. Dunque, come è il discorso all’intelletto, come s’ha a quello, che è, quello che si genera, qual proporzione ha il tempo all’eternità e il cerchio al centro, quella ha l’ordine mobile del fato alla semplicità stabile della provvidenza. Questo ordine muove il cielo e le stelle; tempra insieme gli elementi, e con iscambievole mutazione gli trasforma. Il medesimo ordine tutte le cose, che nascono e muojono, per somiglianti processi così di parti come di semi rinovella. Questo eziandío le azioni e le fortune degli uomini con indissolubile catena di cagioni costrigne e lega; le quali, procedendo dai principii della provvidenza, la quale è immobile, è forza che immobili siano: perchè così si reggono ottimamente le cose, se la simplicità, che sta ferma nella mente divina, scuopra e mandi fuore l’ordine delle cagioni inevitabili, e che a niuno patto schivare non si può; e se questo ordine le cose mutevoli, e che per altro mattamente discorrerebbero, colla sua immutabilità freni e costringa. E quinci è che, sebbene a noi, i quali questo ordine considerare non possiamo, pajono tutte le cose confuse e conturbate, nondimeno il modo a lor debito e convenevole, indirizzandole al bene, le dispone e ordina tutte. Perchè nessuna cosa si fa mai, dico ancora dagli uomini rei, per far male, i quali, come s’è dimostrato abbondantissimamente, cercando il bene, sono da tôrto e cattivo errore sviati e rivolti indietro, non che l’ordine, il quale dal centro muove del sommo bene, pieghi alcuno e lo torca dal suo princi-