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Nasce, tuffi nel mar tardo le rote:
Perchè le corna della luna piena,
Dal sommo tocche della notte ombrosa,
Divengan scure; ond’ella, di serena,
10Pallida fatta, ogni stella, ch’ascosa
Giacea, per lei raccende e rasserena:
Perchè commosse dal pubblico errore
L’umane ignare genti,
Darle credendo al maggior uopo aíta,
15Diverse cemmamelle in varii accenti
Battendo, alzano al ciel meste il romore,
Fin che lucente torni e colorita.
Ma nïun già, perchè al soffiar de’ venti
Percuotan l’onde i lidi, ha meraviglia;
20Nïun, perchè la neve a’ raggi ardenti
Si strugga, seco o con altrui consiglia,
Sendo in ciò le cagion tanto apparenti.
Le cose che di rado
Produce il cielo, o repente si fanno,
25Stupore al volgo indotto e mobil dánno;
Ma, se parte l’error dell’ignoranza,
Dar meraviglia altrui nulla ha possanza.
PROSA SESTA.
Così sta, dissi io; ma, posciachè all’uffizio tuo s’appartiene di svolgere e narrare le cagioni delle cose nascose, e spiegare le ragioni dalla caligine turate e ricoperte, priegoti che da qui innanzi le mi determini; e, perchè questo miracolo più mi conturba che l’altre cose tutte quante, vorrei ch’alquanto ne disputassi. Allora ella, un pochetto sorridendo: Tu mi chiami, disse, a una cosa, la quale è la maggiore che si possa cercare, e di cui mai non si può tanto risolvere, che sia a bastanza; perciocchè que-