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mediante le quali si fanno tutte l’azioni e opere umane, il volere e il potere; delle quali una che manchi, niuna cosa fare si puote: perchè, quando il volere manca, niuno, non che faccia, comincia quello che egli non vuole; e, quando non vi è il potere, la volontà è indarno. Onde nasce che, se tu vedi alcuno il quale voglia conseguire quello che egli non conseguisce, tu non puoi dubitare che a costui è fallito il potere ottenere quello che egli voleva. Questo è chiaro, risposi io, nè se ne può dubitare. Ed ella: Colui che tu vedrai, rispose, aver fatto quello che far voleva, dubiterai tu che egli ancora non abbia potuto? Non io, risposi. Ora in quello, disse, che può ciascuno, possente; e in quello che non puote, debile dee giudicarsi. Lo confesso, risposi. Ricorditi tu dunque, soggiunse ella, che per le ragioni dette di sopra si raccolse e conchiuse che tutto l’intendimento della volontà umana, la quale è da diversi studii menata, s’affretta e corre alla beatitudine? Ricordomi, dissi, che ancor questo fu dimostrato. Ricordati egli ancora, aggiunse, la beatitudine essere il sommo bene? e così, quando si desidera la beatitudine, desiderarsi ancora il bene da tutti? Di questo non si può dire, risposi, che io mi ricordi, conciosiachè lo tengo nella memoria confitto. Dunque tutti gli uomini, disse, così i buoni come i rei, di pervenire al bene con non diverso intendimento si sforzano. Così ne séguita, dissi. Ma certo è, disse, che li buoni si fanno per lo acquisto del bene. Certo, risposi. Dunque i buoni, seguitò, acquistano quello che essi desiderano d’acquistare? Così