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36 | c. sallustio crispo |
la passata lor vita dalle presenti scelleratezze discorda. La dignità vi trattenga di Lentulo, cui nè pudore, nè propria fama trattennero, nè uomini finora, nè Dei: trattengavi la giovinezza di Cetego, che già un’altra volta contro la patria l’armi portava. Di Gabinio, Statilio, e Cepario, non parlo: che se ritegno alcuno conosciuto s’avessero, congiurato mai non avrebbero. Se voi in somma poteste, o Padri Coscritti, con lieve danno errare, io soffrirei di buon grado che a vostre spese imparaste, poichè gli altrui detti in non cale tenete. Ma noi siamo oramai circondati: ci sta coll’esercito Catilina alle fauci; altri nel seno della città al par di lui ci minacciano; nè provvedere noi, nè preparar cosa alcuna occultamente potendo, tanto più affrettarci dobbiamo. Dico perciò: che pel nefando disegno di questi empj cittadini, correndo la Repubblica manifesto e grave pericolo; che essendo essi, da Volturcio e dagli Allobrogi, accusati e convinti d’aver macchinato strage, incendj, crudele eccidio ed infame de’ cittadini e della patria; costoro, come evidentemente rei di capitale delitto, secondo l’uso antico punire si debban di morte. »
LIII.
Sedutosi Catone, i Consolari tutti, e dei Senatori i più, il di lui parere e l’alto valor commendando, l’un altro di codardo si tacciano; Catone solo, come chiaro e fort’uomo, innalzano a cielo: il Senato in somma decreta ciò che opinato aveva Catone. Più volte, leggendo io e ascoltando le chiare imprese de’ Romani interne ed esterne, per mare e per terra condotte; di una tanta grandezza mi piacque indagar le cagioni. Sapeva ben io, da pochissimi Romani più volte essere state sconfitte le intere legioni nemiche: note mi eran le guerre, con picciole forze contro a potenti Re maneggiate; e spesso anco dai nostri provata l’avversa fortuna; superati inoltre noi, nella eloquenza, dai Greci; nella gloria militare, dai Galli. E queste cose tutte fra me rivolgendo, io per certo teneva la sola egregia virtù di alcuni sommi cittadini aver fatto i poveri trionfare dei ricchi, e i pochi dei molti. Corrotta poi Roma dal lusso, e dalla infingardaggine, non ostante i vizj de’ magistrati e de’ capitani, per la immensa sua mole la Repubblica stavasi: ma, come di sublimi parti spossata, non produceva più allora quasi niun uomo grande. A memoria mia non ostante, due ve n’ebbe di gran vaglia, e d’indole dissimili assai: Marco Catone, e Cajo Cesare; d’ambo i quali, opportuno qui essendo, m’è avviso ritrarre, per quanto il saprò, la natura e i costumi.