Pagina:Della condizione giuridica della donna.djvu/603


DELLE DONNE 597


Pur troppo il rinascimento italiano fu intellettuale più che morale, cioè non potè dalle menti estendersi agli animi, e vincere o temperare le molte e gravi cause di morale corruzione, insite nelle condizioni del tempo. I Principati italiani dei secoli decimoquinto e decimosesto furono non soltanto scuole di gentilezza e focolari di coltura, ma eziandio d'immoralità, che dalle arti del Governo si estese alle private relazioni. La politica di quei principi, tratteggiata dal Machiavelli in un'opera immortale, avea ripiena l'Italia di violenze, di tradimenti, di delitti d'ogni specie, per cui il senso del diritto e dell'onesto si era quasi spento nel popolo, ed anche i privati, ad esempio dei governanti, si abituavano a riporre la virtù nell'astuzia, e a confondere il lecito col possibile. Fors'anco la stessa ristaurazione dell'antichità contribuì non poco al morale pervertimento. Imperocché lo spirito del classicismo è certamente non solo non cristiano ma anticristiano, e come osserva giustamente il Burckhardt1, gli umanisti posero in luogo dell’ideale cristiano della «santità», quello della «grandezza storica»; il che è quanto dire favorirono il lento sostituirsi della stima dei pregi esteriori e dei gloriosi risultati, a quella delle virtù dell'animo e delle soddisfazioni della coscienza. Che se i nuovi Platonici e i maggiori pensatori dell'epoca di cui parlo, ravvivarono il culto dell’ideale, l'esempio e le opere loro non valsero a contenere il predominio della sensualità nella letteratura e nell'arte, che la ristaurazione classica metteva da tutte le parti in onore. In pari tempo le goffe superstizioni religiose e i mali esempi della Corte pontificia contribuirono altresì a quella fiacchezza e quasi assenza di sentimento religioso che fu pure un carattere dominante nel rinascimento italiano, e nuova causa di morale decadenza. Certamente Machiavelli diceva il vero, quando gli Italiani del suo tempo giu-

  1. Op. cit., p. 343.