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DELLE DONNE 41

definire i limiti del potere maritale, e l'orbita della libertà femminile, e le guarentigie de' diritti delle mogli contro le usurpazioni e gli arbitrii dei mariti. Ed anche afferma Aristotele1 quell'altra importantissima verità, che l'educazione delle donne, costituenti la metà delle persone libere, sia cosa di grandissimo rilievo per lo Stato, ma a poca distanza2 afferma altresì che la donna non ha una cosi piena e indipendente padronanza della volontà propria, come l'uomo, quantunque ella ne abbia più dei giovinetti, e incomparabilmente più degli schiavi che ne mancano affatto. La quale ultima affermazione, quantunque Aristotele la contrapponga all'opposta dottrina di Platone, non avendola egli però né dimostrata né determinata, riveste piuttosto l'aspetto di una concessione fatta alle idee correnti, che di una vera e propria persuasione filosofica3. Altrove Aristotele combatte l'idea platonica delle donne guerriere, nel che egli si trova certamente d'accordo colla maggior parte degli stessi più assennati seguaci di Platone, ma della missione delle donne nella pace e nella vita privata, non sembra che egli abbia una idea troppo elevata né originale, nel mentre ripete con Sofocle che il più bel pregio delle donne è il tacere, oppure si dichiara partigiano delle doti meschinissime, od anche dell'abolizione delle doti per le figlie da marito4. In conclusione Aristotele non è stato propenso a novità nella materia dei diritti e degli uffici sociali delle donne: in teoria egli andò oscillando fra il concetto dell'uguaglianza spirituale e civile dei

  1. Ib., 12
  2. Ib., 6. Qui Aristotele chiama la volontà della donna άχυρου, che il Ricci nostro traduce benissimo subordinata, e inesattamente il Gide (op. cit., pag. 77), impotente (impuissante). Aχυρου significa etimologicamente non signoreggiante.
  3. Ib., lib. II, cap. VI, n. 7.
  4. Ib., lib. II, cap. VI, n. 11.