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DELLE DONNE 39

nel Dialogo delle leggi1 non si peritò di ammettere le donne alle faccende pubbliche e alle cariche, insieme cogli uomini, e persino alla direzione dell'armata. È questo un programma a cui pochi sottoscrivono anche oggidì fra gli stessi emancipatori del sesso femminile, e la cui assennatezza potrà mettersi in dubbio, ma non già la più lontana sua origine da una opinione favorevolissima circa le naturali attitudini e la sociale importanza e dignità del sesso femminile.

Da Platone ad Aristotele il passaggio è nella questione femminile, come in tutte le altre della sociale e politica organizzazione, lo stesso che dal genio inventivo, il quale, intraveduta nei fatti una verità, ne esagera l'importanza fino a rimescolare in nome e sulla fede di essa un intiero ordine di cose, allo spirito di osservazione, attento, minuto, profondo, a cui nulla sfugge, e tutto pare complicato e condizionato, e che si rassegna all’incertezza ed alla contraddizione, anziché ricorrere ad una ipotesi troppo ardita, cioè non avente ancora un sufficiente riscontro nei fatti. Con ciò io non intendo mettere in dubbio l'importanza scientifica delle dottrine sociali e politiche di Aristotele, e specialmente della sua Politica; ma soltanto asserire che a parer mio in quelle dottrine, in quest'opera meravigliosa Aristotele è stato più profondo e sagace scopritore delle cause e degli effetti delle varie istituzioni e vicende della società umana, che delle vere e proprie leggi naturali di questa società. Le sue idee intorno a parecchie importanti questioni di tal genere, sono spesse volte indeterminate, e talvolta anche contraddittorie, appunto perchè egli aveva troppo ingegno per non comprendere il lato debole di molte opinioni dominanti nel volgo, e quindi per non sostituirvi nuove e più sane idee, ma in pari tempo, vuoi per eccessiva circospezione scientifica, vuoi per ragioni di pratica convenienza,

  1. VI, 780, D., VII, 806, E., VIII, 842, B., 847, E.