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DELLE DONNE 195

buisce una grande importanza sociale a tali riforme, osservando che in un matrimonio felice la comunione dei beni esiste di fatto fra i coniugi, anche dove i patti nuziali non l'abbiano istituita, e nell'ipotesi contraria la parte più debole poco vantaggio ritrae da qualsivoglia grado di pecuniaria indipendenza. E giustamente, egli soggiunge, che non di rado in Inghilterra le mogli povere tiranneggiano i mariti ricchi, e in Francia per converso mogli ricche si spogliano volontariamente del proprio a vantaggio di mariti che non vi avrebbero nessun diritto1.

Senza troppo diffondersi nell'analisi e nella comparazione dei caratteri propri, morali e intellettuali, dei due sessi, il Sybel opina che il fatto dell'umana procreazione, e le molteplici cure, tutte proprie dell'animo e dell'ingegno femminile, necessarie alla educazione della prole, fanno e faranno sempre risguardare come regola fondamentale del sociale ordinamento la vocazione delle donne alla vita domestica e alla cura dei figli, e a null'altro. Ad onta delle possibili deviazioni da regola siffatta, ad onta delle eccezioni possibili od inevitabili alla medesima, questa rappresenterà sempre una media costante di opinioni e di condizioni2.

Nella famiglia poi la divisione del lavoro fra l'uomo e la donna è additata dalla natura. La gestazione, l'allattamento, l'educazione dei figli fino alla età di sette anni circa, e delle figlie fino quasi alla maggior età, sono e saranno sempre naturali uffici delle madri, durante i quali esse non possono attendere ad altre incumbenze, ed anche per intieri intervalli di tempo hanno bisogno dell’altrui protezione. Potrà la madre di famiglia venire in soccorso del marito con poche e brevi occupazioni, e con poche ore giornaliere di lavoro meccanico, ma

  1. Ib., p. 66.
  2. Ib., p. 69.