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DELLE DONNE 137

ricerca della paternità1, le leggi sulla prostituzione che col pretesto della pubblica salute legalizzano e quindi fomentano il vizio più umiliante pel sesso femminile2. La riforma di codeste leggi è per l'autore mezzo indispensabile e urgente, benché non il solo, né il più importante, onde ripristinare nei popoli moderni la onestà dei costumi, la santità del matrimonio, il rispetto delle donne. Essa è ben altra cosa che la emancipazione del sesso femminile, dalla quale l'autore è tanto alieno, che la stessa quistione della ammissibilità delle donne alla vita politica, quistione vitale per gli emancipatori ed anche per molti di coloro i quali credono riformare la moralità sociale e femminile col mezzo di nuove leggi e di diritti nuovi, per lui invece non esiste affatto. Egli in fatti non ne tratta, neppure per lasciarla insoluta, come il Pelletan, egli la risolve implicitamente soltanto in modo negativo, additando l'Andromaca di Omero come la più degna compagna di un difensore della patria3, e affermando che «senza mescolarsi alla politica4, le donne hanno egualmente la sorte della patria nelle loro mani», per quella influenza e quell'apostolato che esse possono esercitare anche nelle faccende pubbliche sui mariti, sui figli, sugli sposi loro.

Fanno degno riscontro ai due scrittori dianzi accennati due pregevolissime scrittrici, le quali pure sono aliene da esagerazioni circa l'avvenire delle donne, e il miglioramento della loro condizione sociale si aspettano anch'esse da una migliore educazione, e da una più larga sfera d’azione, specialmente nelle così dette «carriere professionali». L’una è la signora Cavé, e l'altra la signora Daubié.

La signora Cavé, in un libro intitolato: La donna odierna e

  1. Ib., p. 71-86.
  2. Ib., p. 248-295.
  3. Ib., p. 291.
  4. Ib., p. 294.