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DELLE DONNE 127

cono maggiori diritti alle donne eccezionali, perchè essa non ammette, e forse non a torto, che l'idea di siffatte eccezioni non si concilii troppo con quell'altra della inferiorità naturale del sesso femminile, cioè della maggior parte di esso1. Per la signora d'Héricourt l'ignoranza in cui noi siamo attualmente circa i veri attributi caratteristici del sesso femminile autorizza soltanto a permettere alle donne di provare le proprie forze in ogni direzione, in ogni genere di occupazioni2. E nel mentre essa pretende constatare nella società odierna «una diminuzione di reciproco amore dell'uomo verso la donna, e di questa verso quello»3, sembra rassegnarvisi, e desumerne la conseguenza che la donna debba impiegare altrimenti la propria attività, non tanto perchè in questa guisa apportisi rimedio a quella trista situazione di cose, quanto per trovare in compenso ai perduti beni dell'amore e della stima degli uomini. Più sconsigliata e più barbara illazione non potrebbesi immaginare davvero. La signora d'Héricourt ha tutta l'aria di un ragazzo impertinente, che scappa di casa, senza saper troppo dove va né di che cosa camperà.

Essa reclama la totale parificazione della donna all'uomo nella educazione4, nelle professioni private e pubbliche, come per es. nella medicina5, nelle magistrature6, nel giurì7, di guisa che nessun fatto umano non abbia a portare contemporaneamente l'impronta di ambedue i sessi8. Del solo diritto politico delle donne si mostra poco gelosa9, perchè trova che le donne vi sono meno preparate che non alle altre riforme da lei proposte, e per verità non meno ardite. E dalla totale parificazione dei due sessi nella missione sociale non cano. Nemmeno essa accetta il mezzo termine di accordare

  1. Ib., vol. I, p. 132.
  2. Ib., vol. II, p. 125.
  3. Ib., p. 274.
  4. Ib., p. 50.
  5. Ib., p. 114.
  6. Ib., p. 178.
  7. Ib.
  8. Ib., p. 278.
  9. Ib., p. 64.