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122 DELLA CONDIZIONE GIURIDICA

pur l'autore riconosce in generale1 dover essere appropriati bensì alla loro missione morale, ma migliorati e resi più estesi che ora non sono.

Altri vi hanno scrittori e scrittrici, le quali cadono nell'esagerazione contraria a quella di cui ho ragionato poc'anzi. Esse, cioè, sembrano riputare che la riforma morale di cui abbisogna l'epoca presente possa ottenersi col solo mezzo di riforme nelle leggi e nelle istituzioni, concernenti specialmente la condizione sociale delle donne. Come esse pensano che la odierna decadenza dei costumi sia l'effetto della troppa libertà lasciata all'arbitrio maschile a danno dei diritti delle donne, del troppo ristretto campo di attività assegnato a queste, e, per un motivo e per l'altro, dello scarso sentimento che le donne hanno della loro individuale e sociale importanza, così credono che correggendo siffatte imperfezioni del diritto, muteranno corrispondentemente i costumi, specialmente in quella parte che attiene alle relazioni fra i due sessi. L'erroneità di tale opinione, l'esagerazione che essa racchiude circa il valor morale delle riforme giuridiche, non hanno più bisogno di commenti, dopo le considerazioni che ’su questo proposito ho fatte più sopra.

Fra le opere più notevoli di tal genere vuol essere rammentata ancor qui quella di madama Lacoste, che io ebbi già occasione di citare più sopra.

Secondo questa signora tutti i mali morali dèi tempi nostri provengono «dalla scemata considerazione della donna»2. «L'uomo non vuole attribuire nessun serio diritto, né assegnare un degno posto alla donna, di guisa che questa, rilegata nel campo delle frivolezze, pone in non cale la morale, la legge e la società»3 «Gli uomini non hanno né

  1. Ib., p. 73.
  2. Op. cit., p. 26.
  3. Ib., p. 30.