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DELLE DONNE 111

dei due sessi, onde è più d'ogni altro dominato il secolo presente. In altri termini, continuare quel lento e costante progresso che già da secoli va facendo in quel senso il diritto femminile nell'Europa moderna, sulla base della differenza di missione e di condizione sociale fra i due sessi. Il Gide, per esempio, nel mentre proclama altamente1 la ingiustizia non solo, ma il gravissimo danno sociale di ogni ingiusta interdizione di diritti e di uffici sia alle donne, sia in generale ad una classe qualunque di persone, non è meno esplicito nel dichiarare ce brillante paradosso»2 la dottrina del Mill della egual vocazione degli uomini e delle donne alla vita politica. E mentre egli reputa importante progresso quello che la società moderna fece dal regime della dote a quello della comunione dei beni, che a suo avviso meglio risponde al concetto di eguaglianza dei due sessi nei fini e nella dignità, non reputa però incompatibile con questi concetti neppure la tanto combattuta istituzione dell'autorizzazione maritale, purché ordinata in modo da toglierle ogni aspetto di maritale arbitrio, e di femminile incapacità.

È pure un interessante studio filosofico-storico quello che fa il Pelletan nell'opera sua La Mère, di cui mi accadrà di ragionare diffusamente più sotto da un altro punto di vista. Nella prima parte di quest'opera3, il Pelletan distingue con opportune denominazioni, e tratteggia nei loro caratteri distintivi le varie fasi caratteristiche per le quali è passata la condizione giuridica della donna, dalla barbarie primitiva ai tempi moderni. E conchiude la sposizione dei fatti colla seguente illazione: «che dovunque regna il dispotismo, la donna è schiava, corrotta e corruttrice; dominando invece il

  1. Ib., p. 523.
  2. Ib., p. 522. Dice qui benissimo il Gide, parlando J. Stuart Mill, che egli è uno scrittore politico, dont le talent égale la témérité.
  3. Pag. 48-231