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ambizione di ben fare animerà l’attività dei collaboratori, e li renderà meno severi nell’esame dei loro respettivi lavori. Se l’incaricato n’è un solo, sarà più indulgente verso se stesso, e d’altra parte come rifiutare la pattuita ricompensa qualunque fosse l’opera che avesse composta. Sarebbe una manifesta ingiustizia; non avendo altro assunto, che di far quel meglio che avesse saputo, come giudicar che non ha fatto ciò che era in poter suo d’eseguire.

Se la remunerazione pecuniaria è accordata come annua pensione, ben poco bisognerebbe conoscer l’umana natura per non scorgere che in questo caso, ancor più chiaramente che nel primo, la ricompensa nuoce all’incarico; che lentamente si procederà in tal incombenza; che sovente si fingerà d’occuparsi; che l’indolenza non ha freno, perchè non ha giudice; e che in una commissione poi basta un sol uomo incapace o nemico d’occuparsi per ritardar tutti gli altri. L’ostacolo non è si grande, se un giureconsulto solo è incaricato dell’opera; egli è responsabile almeno per onore: non ostante, abbandonato a se stesso, è esposto all’azione pure insensibile di tutti i motivi seduttori. Poi la sola difficoltà dell’opera offre una scusa plausibile per giustificare ogni rimprovero, ogni dilazione.

Terza condizione. Che l’opera sia scritta da un solo.

Il metodo comunemente adottato per compilare un codice, anche nelle assemblee legislative, è, come ho detto, di nominare delle commissioni più o meno numerose, che si dividono le incombenze nel caso in cui le operazioni sono un poco complicate, o che scelgono uno dei loro membri per tracciar l’idea del progetto.

Queste metodo è difettoso.